1 settembre 2013

L'abbandono dei masi: il caso della Maulser Tal/Val di Mules

Le nuove prospettive di vita aperte dalla industrializzazione dei fondovalle hanno rischiato di far scomparire i masi dal paesaggio sudtirolese.
La piccola valle laterale Maulser Tal, in alta Valle d'Isarco, oggetto della indagine condotta da Aldo Gorfer nel 1971. Qui più che altrove i masi hanno subito il fenomeno dell'abbandono. Di alcuni sono presenti addirittura solo i ruderi, una cosa piuttosto rara in Sudtirolo e che si può verificare de visu con una cartina in mano.
Un piccolo Einhof (maso a corpo unito) della Val di Mules.
In Sudtirolo l'abbandono della montagna non è stato un fenomeno rapido e totale come nelle vallate piemontesi, dove nel corso degli anni '50 e '60 del Novecento interi villaggi sono stati repentinamente lasciati dagli abitanti, richiamati in pianura dal boom economico e rapidamente mutatisi in operai.
I pendii coltivati a prato della Val di Mules. Sullo sfondo l'intaglio della val d'Isarco.
Qui il fenomeno è stato più lento e meno marcato, perché il richiamo esercitato dalle industrie installate a Bolzano dal fascismo era schermato dalla estraneità che il mondo contadino sudtirolese continuava a sentire nei confronti dei "nuovi padroni" italiani arrivati con la fine della WW1, i quali si erano subito presentati come occupanti ostili. Ma il fenomeno dello spopolamento si manifestò anche qui, eccome. Si veda, a titolo d'esempio, quanto scriveva Aldo Gorfer nel 1971 a proposito di un piccola valle tributaria della Val d'Isarco, la Maulser Tal (Valle di Mules):
«I masi sono sparsi sul triangolo verde delimitato dalla Maulser Tal e dalla Gansör Tal. [...]
Dei settantaquattro masi ancorati sulla montagna di Mules, nell'alta valle dell'Isarco, ventinove sono stati abbandonati o non sono abitati permanentemente. Il fenomeno è piuttosto recente: non investe un arco di tempo che va oltre il secolo. [...]
Cinque su quindici masi riposti sulle ripidissime chine o sulle brevi spianate delle pendici sudoccidentali dello Sattelspitze, tutti al di sopra dei 1400 metri, non sono più abitati permanentemente.
Lo Stoffl è in rovina [...] Sopra il Troter c'è il Plank con la scuola rurale e l'arrivo della teleferica. Al Vöstler abitano i due vecchi genitori. Dei dodici figli nessuno è rimasto. Uno si è sposato nel maso, ma dopo un po' la moglie è voluta andar via. Lo Steiner è tirato avanti da una vedova con quattro bambini. Il marito è caduto dal sentiero. Lo trovarono morto nel burrone. Nove persone erano al Gasperer, ma ora quasi tutti se ne sono andati: due in Svizzera. Il Kassner è stato abbandonato un paio di anni fa.
Altrettanto è avvenuto per il Larcher, il Gasser e l'Högge. Il primo era abitato da 13 persone, il secondo dai genitori con 14 figli. Molti sono morti. Altri oper il lavoro o per l'amore se ne sono andati. Al Pfitscher ci sono sette persone, al Fürler, il maso più alto, sei, al Loachner otto, all'Häusler sei (ma il capofamiglia lavora in fabbrica) allo Schintler tre.»
(Aldo Gorfer, "Gli eredi della solitudine", Cierre Edizioni,
Sommacampagna (VR), 2003, pagg. 101-102)

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