22 gennaio 2017

Le malghe veronesi del Monte Baldo

Nel Baldo meridionale lo sfruttamento dei pascoli alti inizia nel Settecento quando la nobiltà locale inizia ad estendere i suoi possedimenti anche nella zona montana, nella fscia compresa fra i 900 e i 1.600 metri.
le malghe del monte baldo
Il “baìto” della malga è sempre piazzato su dossi ventilati per favorire la conservazio-
ne del latte nei caldi mesi estivi. Nel logo del late si faceva riposare il latte nelle ma-
stèle (larghi e bassi contenitori circolari di legno) per fare affiorare la panna dalla qua-
le si otteneva il burro. Per garantire un adeguato arieggiamento, tale locale è situato
nella parte a valle dell’edificio, è spesso realizzato in forma semicircolare ed è dota-
to di piccole finestre sbarrate da lastre di pietra o da pali in legno. Il logo del fogo, si-
tuato sempre a monte, ha un caratteristico camino che sporge dalla pianta dell’edifi-
cio, onde evitare incendi del tetto, originariamente in canél (canna palustre) e per o-
spitare la caldéra, il grande paiolo di rame nel quale veniva scaldato il latte scremato
per la successiva trasformazione in formaggio e ricotta. Sotto il logo del late è spes-
so situata una piccola stalla a vòlto, utilizzata come ricovero dei vitelli appena nati
o del bestiame ammalato.
le malghe del monte baldo
Edifici accessori della malga sono la casàra, per la conservazione del formaggio e le
porcilaie dove venivano allevati i maiali alimentati con la scòta, il residuo della lavo-
razione del latte (siero). Accanto agli edifici vi erano piccoli appezzamenti per la col-
tivazione di ortaggi, delimitati da muretti a secco e le riserve, esigui boschetti che
servivano come riparo degli animali nelle giornate molto soleggiate o durante la notte.
Nel territorio a pascolo della malga, infine, sono sempre presenti alcune pozze, rica-
vate da doline naturali impermeabilizzate con argilla, che raccolgono le acque piova-
ne per l’abbeverata del bestiame.
Vaste aree utilizzate fino a quel tempo dai pastori per l’allevamento ovino e caprino, vengono trasformate centri per l’alpeggio estivo dei bovini; nascono in tal modo numerose malghe la cui organizzazione territoriale rimane praticamente inalterata fino ai nostri giorni. Le estese superfici a pascolo vengono progressivamente ampliate con la conseguente riduzione del bosco; anche gli edifici annessi alla malga, attraverso successivi adattamenti dei precedenti ricoveri dei pastori, vengono modificati e trasformati in "baiti" per la lavorazione del latte e per la residenza dei malghesi durante il periodo dell’alpeggio.
Il "carico" ossia il numero di capi che la malga può sostenere viene espresso in paghe corrispondenti al numero di capi bovini adulti.
L’assegnazione delle malghe a privati o a consorzi di allevatori viene effettuata attraverso un contratto di alpeggio basato appunto sulle paghe.
le malghe del monte baldo
In alto a sinistra Malga Valvaccara e sulla destra Malga Busa, In basso estate e
inverno a Malga Zocchi e Casara Vignola, nel Baldo trentino (ora bivacco). Va
ricordato che le malghe del Baldo veronese appartengono ad un modello di sfrut-
amento dei pascoli alti molto diverso da quello delle terre alte sia taliane che
todesche, perchè erano espressione diretta delle grandi proprietà terriere nobi-
liari anzichè delle comunità locali o dei singoli coloni.
Ogni paga si aggira come valore sui 7-10 chilogrammi di burro, variando in funzione della produttività dei pascoli.
La stagione di alpeggio inizia alla fine di maggio o ai primi di giugno in relazione all’andamento stagionale ed allo sviluppo dell'erba.
La scadenza dei contratti di alpeggio è fissata tradizionalmente il 29 settembre, giorno di San Michele. In tale data i malghesi che scendono dai pascoli montani con le mandrie si radunano a Prada dove si svolge tuttora, con origini risalenti al 1.600, la fiera-mercato di "San Michél".
Ancora oggi i pascoli delle malghe vengono sfruttati per l’alpeggio estivo del bestiame, costituendo per gli allevatori un significativo sgravio di lavoro e di costi. I baiti, invece, in relazione alle moderne tecniche di allevamento e di lavorazione del latte, hanno perso il loro tradizionale ruolo; negli ultimi decenni sono rimasti inutilizzati o abbandonati e, in molti casi, hanno subito un progressivo e immeritato degrado.   (Testo e immagini liberamente tratti da baldoinrete.eu)

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