31 ottobre 2015

Il formaggio di malga nei Lagorai

Dopo la scrematura, che separava la panna dal latte la panna e l'avviava alla lavorazione del burro, il latte veniva spostato nella calgèra, il grande paiolo in rame piazzato sopra la foghèra, il grosso focolare.
formaggi di malga
Il dettaglio delle operazioni poteva variare sensibilmente in funzione del tipo di for-
aggio che si intendeva ottenere, ma la sequenza di base rimaneva fissa così come
simili, se non identici, erano le attrezzature e gli strumenti impiegati. In bianco-
nero la squadra dei malghesi di Malga Montalon (Lagorai) negli anni del dopoguerra.
formaggi di malga
La produzione dei formaggi di malga seguiva le stesse regole-base un po' dappertutto:
il locale di lavorazione di Malga Miesnotta di Sopra (Lagorai) e quello di stagionatura
a Malga Costa (Altissimo di Nago); un piatto con formaggio fresco e stagionato pro-
venienti dalle malghe di masi venostani. Ai formaggi vaccini si affiancavano anche
quelli di origine ovina.
Immergendovi il  braccio, il casèro valutava la temperatura. Attorno ai 32-37° la calgèra veniva spostata dal fuoco mediante la mussa (il sostegno girevole in travetti di legno) e vi veniva aggiunto il conàgio (il caglio) che per tempo era stato diluito con un po' di latte in un piatto di legno (smarzarina).
👉Dopo una mezzora il casaro iniziava a lavorare la tenza (cagliata) fendendola con la tarélo, trasformandola così in tosèla (cagliata ridotta in poltiglia).
👉A questo punto la calgèra veniva riposizionata sulla foghèra e la tosèla veniva ricotta alla temperatura e nei tempi voluti avendo cura di rimescolarla col raspo, rudimentale attrezzo in legno. La cottura trasformava i grumi della tosèla rendendoli più ruvidi e pesanti e conferendo loro una tinta giallo paglierino.
👉Allontanata nuovamente il grande paiolo dal fuoco, si aspettava che i grumi precipitassero sul fondo compattandosi. Poi, con le braccia immerse nel siero, riuniva la tosèla e usando uno spago la tagliava in pezzi che, avvolti in pezze di tela di canapa, venivano stretti dalle fassère (fasce circolari in legno curvato) e deposti sulla sgozzarola (ripiano inclinato).
👉Su questo tavolo inclinato il formài finiva di gocciolare; il casèro lo rivoltava più volte e dopo un paio di giorni completava la lavorazione con la salatura a secco. Le forme venivano poi sistemate sulle breghe, assi orizzontali disposte nel caserìn, cioè nel locale fresco e arieggiato destinato alla maturazione del formaggio.

Nota: il testo è basato sulle didascalie della mostra fotografica itinerante "Vita di malga" a cura dei comuni di Bieno, Ivano Fracena, Samone, Scurelle, Spera, Strigno e Villa Agnedo nell'estate/autunno 2002. La mostra era stata dotata di un catalogo che è ora liberamente consultabile in rete.


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